Dialogo in Musica della Fama e della Gloria
Pubblicato senza nome di autore (né di compositore della musica) il testo della cantata fu composto, molto probabilmente, dal duca di Bracciano Flavio Orsini, con dedica all'Ambasciatore straordinario di Francia a Roma François-Annibal d'Estrées. L'attribuzione del testo sembrerebbe confermata grazie alla presenza dell'orso (che allude per assonanza al cognome Orsini) che, nell'incisione che precede il frontespizio, è rappresentato nell'atto di scrivere, con allusione all'attività poetica di Flavio Orsini. L'esecuzione avvenne nel palazzo a Pasquino, residenza del duca di Bracciano, che nel 1675 aveva sposato in seconde nozze la marchesa Marie Anne de La Trémoille. Il duca e la marchesa sua consorte sono noti per aver promosso nel proprio palazzo e a Roma feste e spettacoli in onore della nobiltà francese e del partito filofrancese dell'aristocrazia romana. Stando alle ricerche di Franchi, questa cantata dovrebbe essere individuata come la prima della serie (testimoniata da libretti stampati da Fei e successivamente da Angelo Bernabò. 1
La cantata realizza un dialogo tra i due personaggi Fama e Gloria, dialogo che ha per oggetto le virtù e il valore della Francia e del suo re Luigi XIV. Il monarca è ritratto da Fama come Eroe di Francia, invitto in guerra, adorno delle palme della vittoria e degli allori della Fama stessa e della Gloria. A tanta magnificenza la Fama s’inchina, presentando la sua tromba ai piedi del monarca.
L’aspetto più interessante della composizione, che permette di evidenziare la cantata nella forma di un messaggio di pace, si dispiega nella sezione conclusiva: Gloria insiste affinché la tromba della Fama alata e la sua «voce verace», solita narrare «dall'uno all'altro polo» le gesta e gli avvenimenti degni di gloria («gli alteri vanti, e le gloriose imprese»), con gradita gioia si faccia messaggera della Pace stabilita («la tua Voce verace | Nota farà la stabilita Pace»). Siamo nel 1679 e la notizia di pace che si sta diffondendo in Europa è quella relativa alla stipula dei trattati che vanno sotto il nome di pace di Nimega, che coinvolse la Francia, i regni tedeschi e i Paesi Bassi. Così la Fama – e attraverso il personaggio la cantata – si fa portatrice del messaggio della nuova pace, annunciando da est a ovest l'avvenimento con i suoi squilli di tromba: «Là dove sorge, e dove il sol s’asconde | in un breve momento | Nuntia sarò di sì felice evento». Il messaggio è ribadito dal coro conclusivo: «E con Tromba gradita | di pace stabilita | La voce hoggi la Fama a noi ne spande», coro che si chiude con un’esclamazione celebrativa del re di Francia: «Viva il Gallico eroe Luigi il grande».
CP
Cantata
La Fama e la Gloria
Fama
Già con volo indefesso
Per tutta l’ampia mole
Del Gallico valor giunsero i vanni.
Successivo progresso
Nella sfera del Sole
Tributarij di fasti aggira gl’anni
Stesa fra Gigli la Fortuna immota
Con aureo crine incatenò la Ruota.
La Senna verdeggia
Di palme, e d’allori
E bellici honori
Nell’Onde vagheggia
E se tumido Anteo scuote la testa,
Assolda i flutti a minacciar tempesta.
Di Luigi l’invitto
Questi sono i trofei, queste le glorie,
Nel votivo tragitto,
Auspice di vittorie,
Marte all’Eroe di Francia
Donò lo scudo, e presentò la lancia.
Ogni trono inespugnabile
Al suo nome cade Esangue;
Le bandiere
Messaggere
D’una strage inevitabile
Ventilando terror spirano sangue.
Io che sono la Fama
In tanta meraviglia
Sono costretta ad inarcar le ciglia;
Quel monarca mi chiama
Col grido, che maggior del mio rimbomba,
A consecrar a’ piedi Suoi la Tromba.
Gloria
Deh ferma, amica, il volo
Tu che rapida vai
Dall’uno all’altro polo
A publicar de ‘ Regi
E le vittorie insigni, e i fatti egregi.
Fama
Hor dimmi tu chi sei,
Che a trattener ne vieni
Il corso ai pensieri miei?
Gloria
Rimira il mio sembiante,
E scorgerai, che tua compagna io sono
Sotto mentite spoglie,
Onde me n’ vado ascosa.
Quella son io, che Gloria il Mondo chiama,
E con vano desir ogn’Alma brama;
Ma soddisfar non deggio
All’incaute lor voglie,
Che là solo ne corro
Ove il suon di tua Tromba il ver discioglie.
Non siegue Vittoria
Mai senza la Gloria
D’invitto Valor
Ne’ marmi scolpiti
Trionfi seguiti
Registro ad ogn’hor.
Già mai non fu
Che per l’Armi e la Virtù,
Non fregi la mia mano
Di corone d’olivi, e verdi allori
Auguste fronti, ed eternar gl’honori.
Con Ragion palesasti
Del Gallico Monarca
Gl’alteri vanti, e gloriose imprese,
Hor con gioia gradita
La tua voce Verace
Nota farà la stabilita Pace.
Fama
Ecco disciolgo i vanni
Per obbedire a’ tuoi graditi cenni,
E con sonori gridi
Là dove sorge, e dove il sol s’asconde,
In un breve momento
Nuntia sarò di sì felice evento.
A 2 Gloria e Fama
Se Pace è ne i Reggi
Il Mondo festeggi
In sì lieti carmi
Mia Tromba risuona:
Già Marte e Bellona
Depongono l’Armi;
Se pria fu Giano di furore armato
Il bellicoso tempio or chiude il Fato.
Choro
Formi note canore il nostro choro
Se fra tante vittorie
Coronati di Glorie
Sono adorni di palme i Gigli d’oro.
E con Tromba gradita
Di Pace stabilita
La Voce hoggi la Fama a noi ne spande
Viva il gallico Eroe, Luigi il grande.
Der anonym publizierte Text der Kantate stammt wohl vom Herzog von Bracciano, Flavio Orsini (1620–1698), und ist dem außerordentlichen französischen Gesandten in Rom, François-Annibal d'Estrées, gewidmet. Die Zuschreibung des Textes wird durch einen auf dem Frontispiz abgebildeten schreibenden Bären bestätigt (italienisch orso; die Figur des Bären verweist durch den Gleichklang auf den Namen Orsini) – eine Anspielung auf die dichterische Tätigkeit Flavio Orsinis. Die Aufführung fand in Pasquini in dem Palazzo statt, in dem der Herzog von Bracciano residierte. Dieser hatte 1675 in zweiter Ehe die Marquise Marie Anne de La Trémoille geheiratet hatte. Beide waren bekannt für ihre Feste und die Aufführungen, die sie in ihrem Palazzo und in Rom zu Ehren des französischen Adels und der profranzösischen Partei gaben. Die Kantate inszeniert einen Dialog zwischen Fama und Gloria, in dessen Mittelpunkt die Tugenden sowie die Größe Frankreichs und seines Königs Ludwig XIV. stehen. Der Monarch wird von Fama als Held Frankreichs vorgestellt, der im Krieg unbesiegt ist und den die Siegespalme und der Lorbeer von Fama und Gloria schmücken. Fama verbeugt sich vor der Erhabenheit des Königs und legt ihm ihre Trompete zu Füßen.
Am Schluss kulminiert die Kantate in einer Friedensbotschaft: Gloria beharrt darauf, dass die Trompete der geflügelten Fama mit ihrer wahrhaften Stimme zur freudigen Botschafterin des Friedensschlusses wird. Es ist das Jahr 1679, und die sich in Europa verbreitenden Meldungen berichten vom Frieden von Nimwegen, der zwischen Frankreich, einigen deutschen Fürstentümern und den Niederlanden geschlossen wird. So fungiert Fama – und mit ihr die Kantate – als Botschafterin des neuen Friedens und verkündet von Ost nach West das Ereignis mit Trompetenschall: „Là dove sorge, e dove il sol s’asconde | in un breve momento | Nuntia sarò di sì felice evento“ (Dort, wo die Sonne aufgeht und wieder untergeht | werde ich | Botin dieses freudigen Ereignisses). Der Abschlusschor bekräftigt die Botschaft: „E con Tromba gradita | di pace stabilita | La voce hoggi la Fama a noi ne spande“ (Und mit freudigem Trompetenschall | kündet uns Fama heute vom Friedensschluss), um mit einer Ehrung des französischen Königs auszuklingen: „Viva il Gallico eroe Luigi il grande“ (Es lebe der gallische Held, der große Ludwig).
CP