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Serenata a tre voci e quattro cori in lode di Sua Maestà Cattolica Carlo Terzo Monarca delle Spagne, e Sesto Imperator Eletto, ROL.0606.12

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Objekt
Objektart
Libretto (Druck)
Gattung
Serenata
Titel/Incipit
Serenata a tre voci e quattro cori in lode di Sua Maestà Cattolica Carlo Terzo Monarca delle Spagne, e Sesto Imperator Eletto
Untertitel
Da cantarsi nella gran Piazza del Real Palazzo la sera delli 4. Novembre 1711. Giorno, in cui si festeggia il suo Real Nome
Titelzusatz
Amore Pace e Provvidenza
Inventarnummer/Signatur
ROL.0606.12
Verwalter
Verwalter (Ort)
Herstellung
Hersteller
Herstellerrolle
Drucker
Verlag
Parrino
Herstellungsort
Datierung
Datum
1711
Literatur
Seitenzahl
S. 67–118
Literatur
Kurztitel
Seitenzahl
S. 49–98
Bearbeitung
Bearbeiter
Chiara Pelliccia
Bearbeitungsstatus
Abschluss
Transkription:

Serenata a tre voci, e quattro cori in lode di Sua Maestà Cattolica Carlo Terzo Monarca delle Spagne, e Sesto Imperator Eletto. Da cantarsi nella gran Piazza del Palazzo Reale la sera delli 4. Novembre 1711. Giorno in cui si festeggia il suo Real Nome: per ordine dell’Eccellentissimo Signor Conte Carlo Borromeo Viceré, Luogotenente, e Capitan Generale in questo Regno. Consacrato al Sublime merito dell’Eccellenza Sua da Giuseppe Papis. In Napoli: Per Domenico Antonio Parrino. 1711.

 

Coro       Al fragor di lieta tromba

ogni cor a noi risponda

tutto colmo di piacer.

E dovqunque ella rimbomba

rida il fiore e brilli l’onda

e vi scherzi il nume Arcier.

Providenza:Chi degli pregi miei, chi dei miei vanti

ingiustamente a se gl’onori assegna?

Regna è ver, Carlo regna,

e a se mira d’avanti

tributari più regni

congiunto al serto d’oro,

che li cinge le chiome,

è il verdeggiante alloro

ch’a l’universo tutto

rispetto impone, e tema

che più vola il suo nume

sui labbri della Fama,

a spirar bel contento entro ogni core,

Ma della Providenza è sol l’onore.

Sol per me ponno i regnanti

calpestar un’aureo soglio.

Sol per me godon felici,

e si mirano d’avanti

dei nemici

abbatuto il vano orgoglio.

Su dunque a li contenti,

Partenope gentile:

in sì bel giorno rasserena le luci,

ed ogni gioia in te faccia ritorno.

Arda di puro Amore

più nel seno il tuo core,

che la notturna face,

e dopo tante e tante

meste, et oscure notti,

a riportarti il dì sorga la Pace.

Pace      Ecco la Pace,

che fuga ogn’ombra

che ’l vago ingombra

del puro ciel.

Splendan più chiare,

più vaghe e rare

ora le stelle

nel fosco vel.

Chiudasi omai di Giano

l’orrida porta;

e all’apparir di questa

mia verdeggiante oliva

non più lagrimi mesta

dell’Italia la riva;

spuntino omai nel suolo

da tanto e tanto - oh Dio! - sangue irrigato

forieri d’abbondanza, i primi fiori.

Ecco accendo la face,

e all’insegne di Marte,

cagion di tanti lai,

porti incendi il mio ardor.

Amore Ferma, che fai, che fai?

Pace E chi sei tu, che rompi opra sì giusta

a sì grand’uopo?

Amore: Quell’Amore son io,

che appianando il sentiero,

scorta fui del Gran Carlo al soglio Ibero.

Io l’adornai di serto,

io dei nemici oppressi,

la Porpora Real tinsi nel sangue,

e quell’Amor son io

che alla Germania afflitta,

e al mondo intiero

diede in Carlo il sovran del vasto Impero.

Che cinto sia quel crine

d’alloro e serto d’oro

opra è del Dio d’Amor.

Ma il meritar due serti

uguali a suoi gran merti

opra è del suo valor.

Providenza: Amor si ti ravviso

ma con me fia diviso anche il tuo onore,

son io la Providenza,

quella, che in tanti e tanti

angosciosi perigli Amor sovvenni.

Dal Cielo in Terra io venni

ad assistere a te e al tuo Regnante:

sempre fida e costante

fra i perigli di Marte Carlo segui.

Or non fia giusto, o Amore,

che sia tua ogni gloria et ogni onore.

Quel nocchier che con l’onde contrasta

ha speranza nel porto goder.

Si fa lieve quel mal che sovrasta

se v’è speme d’un lieto piacer.

Amore: Giuste son le tue voci e giuste ancora

alle grand’opre tue fia la mercede.

M’è nota la tua fede,

e mi sovvien di quante volte e quante

quasi languiva Amore

de vassalli nel core;

ma il valor del tuo braccio

ruppe d’ogni timor il crudo laccio.

Coro:     Viva Amore il dio dei cori

che i suoi mori altrui comparte.

E fra canti e dolci suoni

lieto suoni

il suo nome in ogni parte.

Pace: Dunque così delusa restar deggio?

Si disserri ormai di Giano il Tempio

ecco ch’io spargo al suolo

i pacifici ulivi

Regni pur, regni Marte,

pera, pera la Pace.

Viva, viva Amor, spengo la face.

Providenza: Ferma, ferma la tua facella

di mille faci a gara

serva per illustrar notte sì bella,

in cui di Carlo il nome

Partenope festeggia,

et al suo bel splendore

goda lieto ogni core.

Pace      Arde pure la face mia chiara

d’un Monarca si degno in Amor.

E le stelle pur ardino a gara

per fugar della notte l’orror.

Amore: Alla tua bella face

ecco aggiungo la mia;

quella fuga gl’orrori,

questa desta gl’ardori.

Ogni vassallo della faretra mia

un aureo strale porta fisso nel cor

e la mia fiamma d’un fido d’Amor

ogni lor core infiamma.

Vanto solo è del mio braccio

Fede e Amore altrui destar.

Con eterno e fido laccio

io so l’alme imprigionar.

Providenza: Amor, Pace, deh quanto

cari mi siete, in voi

lieto posa il mio core,

e d’ambi spero presto

mirare l’opre eccelse

a l’opra anche il mio core

s’adopra, e ’l mondo intiero

ch’ora mesto sen giace

presto dovrà goder Amore e Pace.

Al sol dir di Carlo il nome

non so come

par che goda il cielo e’l suol.

Ogni cor lieto l’onora

e l’adora and adore him

nel sentirne il nome sol.

Amore: Bella Dea della quiete

io tolsi a te il piacere

d’incenerir di Marte

l’insanguinate insegne;

poiché che in mani più degne

Amore riposa il caduceo di Pace

or che l’Ibero, or che il Danubio e’l Reno,

del Gran Carlo alle piante

tributario se’n corre ed or che’l mira

cinto di doppia clamide la fronte

da lui sol brama Pace,

e dal suo braccio solo

della tranquillità spera il consuolo.

Pace: In destra così forte cedo l’armi,

e stimarò mio sorte

per Monarca sì degno,

tornar nel mondo a stabilirmi il regno.

Providenza: Viva dunque il gran Carlo

dalla cui destra invitta

dovrà cader trafitta la Discordia

che tanto fu cagione

di pianto in ogni riva.

Viva viva dunque il gran Carlo viva.

Amore: E viva e viva.

Pace: E viva e viva.

Coro:     Viva viva viva

il chiaro nome

d’un Re sì degno.

di Giuno al regno

lieta rimbombi

l’alata diva

Viva Carlo viva.

E del Sebeto

giubili l’onda

rida la sponda,

in sì bel giorno,

lieta e gioliva,

e viva Carlo viva.