Il mottetto Jubilate Deo, chiamato il Mottetto della pace, è la prima opera sacra conosciuta di Lully.
Fu composto per le solenni celebrazioni previste per l'entrata in Parigi della coppia reale Luigi XIV e Maria Teresa d'Asburgo infanta di Spagna.
Le nozze reali, celebrate il 9 giugno 1660, erano parte delle clausole del Trattato dei Pirenei recentemente stipulato con il quale si poneva fine alla guerra franco-spagnola.
Il mottetto di Lully Jubilate deo, con il suo testo centone relativo alla pace e alle nozze fu eseguito per la prima volta nella chiesa del convento di Notre Dame de la Mercy il 29 agosto 1660, alla presenza dei sovrani. La chiesa era stata scelta anche perché dipendente da un ordine religioso spagnolo che si era insediato a Parigi dal 1613 e nella chiesa dal 1657. 1
La Gazette permette di confermare la data di esecuzione e ricorda un organico vocale e strumentale molto ampio, con almeno 24 violini e le voci migliori di Parigi. 2
Un seconda esecuzione, voluta da Luigi XIV per omaggiare il cardinal Mazarino, uno dei principali artefici della pace dei Pirenei, si ebbe qualche settimana dopo, il 20 settembre 1660, presso la Grand-Chapelle del Louvre, alla presenza dei sovrani e, questa volta, anche di Mazarino. Il resoconto, non senza una certa ironia, ricorda come il mottetto abbia preso il nome di "Motet de la Paix", mottetto della pace, sia per i contenuti sia attraverso l'identificazione della musica con le feste organizzate per l'occasione. Un interessante resoconto in versi ricorda l'avvenimento:
«Jeudi, dans la dite chapelle [du Louvre]
De mainte douce Gargamelle
et de maint et maint instrument
Touché certes divinement,
On ouit cent et cent merveilles
qui n'eurent jamais de pareilles
Que dans les airs mélodieux,
Que les anges chantent auz cieux.
Toute la famille royale
était à ce divin régal
Que l'on faisait au Roi des Rois
Pour la neuf uo la dixième fois,
en action de grâces, insigne
de la Paix, don du ciel très digne.
Aussi ce motet, tout de bon,
le motet de la paix a nom.
Mais c'est tout dire que Baptiste [Lully]
Dont nul ne peut suivir la piste,
Ce rare et ce doux Enchanteur
En est seul le compositeur;
et que l'ange de notre France,
je nom ainsi son Éminence [Mazarino],
Et ce comme il la fout nommer,
S'en senti, à tel point charmer
Qu'il se crut, durant plus d'une heure,
Si je ne dis vrai, que je muere,
Au beau milieu du paradis:
car des personnes plus de dix
Ont ouï dire de sa bouche,
Ce qu'ici, par écrit, je couche.
Chère Baptiste, homme si savant,
Fais ce miracle-là souvent
Et permettent les destinées
Pendant un grand nombre d'années,
Que tu rendes, selon nos vœux,
Bienhereux qui nous rend hereux». 3